25 aprile 2014

Stoner

Il mio apprezzamento per il terzo romanzo di John Edward Williams è causato dalla densità di significato di ogni pagina e dalla capacità dell'autore di descrivere con precisione e continuità un Uomo.
E' un'impresa difficile, raccontare un Uomo.
I romanzi, in genere, narrano di gesta, fatti, periodi, eventi.
Raccontano gli uomini attraverso i loro pensieri e i loro atti in periodi ben delimitati.
Stoner ci viene raccontato nella memoria di ogni uomo: dai primi sprazzi di infanzia alla terribile lievità degli ultimi istanti.
Stoner è un uomo la cui mitezza è pagata a caro prezzo con una passività devastante.
Di cui, tuttavia, l'uomo si rende conto non dandole alcuna importanza.
Nè da importanza alle sue nemesi incarnate nella moglie e nel collega: sono fatti della vita, come il tuono e la rugiada.
Ma Stoner si trasforma, diventa: da insegnante incapace a luminare della docenza, da anaffettivo a padre affettuoso e tenero amante e, pur nella sua costante passività, arriva fino in fondo alla vita.
E' una vita crudele, la sua, in cui dolcezza e sapore gli sono dati solo per rammentargli la costante sciapa amarezza del quotidiano.



Ed è una vita sapientemente descritta, priva di tempi morti, con una penna che mai si stacca dal foglio.
La vita di un Uomo che scopre la letteratura a vent'anni e la respira fino alla fine, potrà mai dirsi vuota?


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