28 marzo 2024

Quaresima senza social


Quest'anno la mia penitenza quaresimale ha riguardato ben altro che la gola.

E' da un po' che sentivo avanzare la consapevolezza della futilità della presenza su vari canali social.

E ho pensato che un periodo di riflessione su questo aspetto della mia quotidianità poteva avere la prevalenza su faccende di dieta.

Penso di aver fatto bene.

Quindi mi scuso se ho saltato qualche compleanno (una delle funzioni più belle di Facebook)

Come dimostra l'immagine presa qua sopra (ma potrei fare molti altri esempi) avere scientificamente ragione è irrilevante, sui social come sul codice della strada.

Insomma, alla fine penso che per me il tempo della presenza attiva sui social sia finito.

Questo non vuol dire abbandonarli, dato che hanno una loro utilità residua sia per informarsi (ci sono fior di gruppi tecnici validissimi su Facebook) che per mantenere contatti, che per comunicare e anche per Testimoniare.

Solo, non mi sembra più utile scrivere, commentare, condividere.

In tanti anni, anche di fronte alla più completa evidenza, mai una sola volta ho ottenuto una banale ammissione di errore.

Mai.

Alla fine, le cose che contano sono quelle che fai, non che dici.

E io che faccio di concreto?

Il Capo scout, i modellini, vado in bici.

Leggo, scrivo.

Uso e diffondo Linux.

Ecco, scriverò e testimonierò di queste cose.

E le condividerò.

Magari potrei anche spingermi a pubblicare qualcosa su base periodica.

Settimanale o anche mensile.

Ma il tempo dei social per come li ho usati fino all'inizio della Quaresima 2024 penso sia finito.

Non c'è nessuna decisione categorica in questo, sia chiaro.

Ma proseguire su quella strada oltre che inutile è anche controproducente

A chi volete che importi la mia meraviglia nel vedere candidato nell'unico partito sicuramente europeista, antiputiniano e contrario all'antisemitismo dilagante uno che per due anni ha condiviso le 'dichiarazioni' di Santoro, Di Battista e Orsini?

Giusto per raccontarvi dell'ultima faccenduola che mi avrebbe spinto ad una 'viva e vibrante protesta' ma che ora mi sembra di assoluta e completa futilità.

E poi c'è il mio romanzo che penso meriterà / necessiterà una pagina FB dedicata.

Insomma, provo a cambiare il modo di usare lo strumento, sperando  di aver diminuito la quota di uso che lo strumento fa di me.



26 marzo 2024

Addio Professor Cosola

Lascio qui un affettuoso ricordo del Professor Cosola, venuto a mancare pochi giorni fa.

Mi è stato riferito che è spirato serenamente nel sonno a 93 anni.

Alla famiglia, al caro Massimo e a sua sorella, le mie sentite condoglianze.

Conservo la memoria di un Professore appassionato e competente che ha saputo far germogliare in me il seme della Scienza.

Quando il sodio ha preso fuoco, quando le cellule sono comparse nell'oculare del microscopio, quando ho realizzato cosa sono le soluzioni solide e quando ...

Il mio presente è fondato anche sul suo insegnamento.

Addio, Professore e grazie, grazie di cuore.

19 marzo 2024

Liturgia del dovere

La Camicia dell'Uniforme scout di Don Peppe Diana


Guardate in basso a destra.

Qui, nella colonna dei menu.

C'è una piccola foto di Don Peppe Diana in uniforme scout.

Sta lì da tanto, tanto tempo.

Da prima di questo blog.

E' una foto antica, che viene dal passato, da quando sul web la risoluzione era molto più bassa di quella attuale.

Quando Don Peppe fu assassinato io non avevo ancora vent'anni.

Stavo per prendere la Partenza.

E di quei fatti ricordo solo il trauma.

Il trauma di vedere un Capo Scout assassinato.

Internet non esisteva, ai tempi.

Le informazioni più approfondite arrivavano dai giornali, a saperli scegliere.

E anche se ho dimenticato tutti i miei pensieri di quegli anni, non ho dimenticato la consapevolezza che la morte di Don Diana mi appiccicò addosso: era stato ucciso uno di noi, uno dei nostri, proprio mentre obbediva alla Legge Scout e teneva fede alla Promessa Scout.

Lo so che il Vangelo viene prima eh, già Don Pino Puglisi aveva pagato con la vita la fedeltà al Verbo, pochi mesi prima di Don Diana.

In quegli anni era in corso la trasformazione della criminalità organizzata in terrorismo ed in forza eversiva, il tutto associato all'eversione leghista della secessione.

E vedere un Capo Scout assassinato fu una specie di ultima goccia.

Mescolata alla completa frustrazione dell'impotenza.

Così, riservai un bell'angolino di cervello alla Memoria di Don Peppe Diana.

Per anni ho sperato che sarebbe arrivata l'occasione per 'fare qualcosa'.

E quando l'occasione è arrivata... non me ne sono accorto.

Perché l'occasione era il Servizio.

E non ho ricominciato a far Servizio perché memore del Martirio di Don Peppe.

Ma la Memoria non mi ha mai abbandonato, tanto è vero che la sua foto è sempre stata qua, ormai da quasi vent'anni.

Piano piano, nel tempo, ho realizzato qual era il mio Dovere, proprio il mio, quello di Angelo, dico, l'ingegnere, l'appassionato di Linux, di Storia, il militante politico, quel tizio là.

Allacciare le scarpe ad una cocci ed andare a votare la mozione di Zona sull'Identità di Genere. Andare alle VDBC o partire per l'Aquila distrutta dal Terremoto.

Accettare l'incarico di redattore di Proposta Educativa o gestire l'amabile burocrazia associativa dei Censimenti.

Il mio piccolo Dovere.

Ed è stata la consapevolezza maturata nel corso di tanti anni di star facendo il mio Dovere a non avermi fatto sentire a disagio Domenica 17 Marzo 2024 a marciare per Casal di Principe assieme a scout che il proprio Dovere lo fanno molto più di me in quei contesti così amari.

Conosco bene l'amarezza di aver rinunciato e aver scelto l'emigrazione ma so anche riconoscere la pienezza dei frutti del Dovere anche lontano da casa.

Il mio viaggio a Casal di Principe è stato accompagnato da tenerezza e coraggio.

L'onda azzurra di quelle ore, le testimonianze di tutte le persone che ho incontrato e la fratellanza della Redazione sono una prova della necessità del Dovere.

Uso la parola Dovere non in antitesi a quella Diritto.

I Diritti sono di ciascuno, il Dovere è diverso per ognuno.

Don Peppe doveva fare certe cose, il sindaco di Casal di Principe Renato Natale ne ha dovute fare altre.

A ciascuno il suo, direbbe Sciascia.

Ma c'è anche un Dovere collettivo: quello di tutta l'AGESCI.

Che deve portare alto, ben alto il Nome di Don Peppe: il nostro più grande martire.

E devo dire che gli esploratori e le guide del Casal di Principe 1 gli hanno dato gran lustro.

Ho letto la consapevolezza nei loro occhi, prima ancora che la semplice bellezza ed entusiasmo di tutte le Guide e gli Scout che si rispettino.

A Casal di Principe sanno bene quale sia il loro Dovere nel 2024.

E tutti gli scout di mezz'Italia che erano presenti alla manifestazione del trentennale l'hanno compiuto.

Io, entrando in punta di piedi nella chiesa in cui Don Peppe Diana ha incontrato il Martirio, ho sentito di aver portato a termine un pellegrinaggio durato tutta la mia vita adulta.

Non ho dimenticato.

E, nel mio piccolo, spero di aver agito.

Il Martirio di Don Diana è la mia liturgia del dovere.

E penso che questo Scout dovrebbe essere considerato Beato da tutti gli scout d'Italia.

In attesa di qualcosa di meglio, in attesa che le gerarchie si diano una mossa e magari che trovino il tempo di lavorarci su: il vescovo della diocesi aveva un altro impegno, evidentemente più importante di essere a Casal di Principe un'ora assieme all'AGESCI per commemorare i trent'anni del Martirio di un Sacerdote.




lo zaino scout di Don Peppe









14 marzo 2024

Gloster Gladiator

 Ecco un biplano di successo.

Il Gloster Gladiator fu l'ultimo e più moderno biplano usato dalla RAF.

Fu prodotto alla fine degli anni '30 con le ultime consegne effettuate agli albori della Seconda Guerra Mondiale.

Venne ritirato dal servizio attivo come caccia appena disponibili i monoplani Hurricane prima e Spitfire poi.

Al contrario del suo diretto competitor, il CR-42 Falco, era dotato di abitacolo chiuso e di radio.

Inoltre, va ricordato che il Falco iniziò ad essere prodotto nel  parallelamente ad altri caccia monoplani italiani nel 1939, proprio quando le fabbriche di Gladiator chiudevano i battenti.

Il Gladiator era superiore al CR-42 per armamento (4 mitragliatrici leggere contro 2 pesanti) ma soprattutto per la presenza della radio che permetteva attacchi coordinati.

In altre parole, nel duello singolo Gladiator vs CR-42, i due aerei si equivalevano.

Ma, nel combattimento tra formazioni di caccia, i Gladiator avevano il vantaggio del coordinamento via radio.

Alla fine, secondo recenti ricerche, il rateo di abbattimenti fu di 1:1,2 a favore del Gladiator.

Non si ripeterà mai abbastanza che le 'limitazioni' del CR-42 erano dovute alla corruzione del regime fascista e alla sua natura intrinseca piuttosto che a deficienze tecnologiche dell'Italia.

Il Gladiator (in basso) e il Falco (in alto)
















10 marzo 2024

Boulton Paul Defiant: ci vuole coraggio

 



Beh, se seguite questo blog magari un minimo ne capite: senza andare oltre nella lettura e ovviamente senza cercare sul web che tipo di aereo pensate che sia questo?

Biposto, monomotore, con torretta posteriore dotata di quattro mitragliatrici.

E' un ricognitore?

E' un assaltatore come lo Stuka?

E' un bombardiere leggero?

O magari è un aerosilurante?

Pensateci mentre guardate le foto di questo kit Airfix 1:72.















Il Boulton Paul Defiant era un intercettore inglese usato durante i primi mesi della Seconda Guerra Mondiale.

Già.

Un caccia puro.

Con tutte le armi concentrate nella torretta.

Il pilota non aveva a disposizione nemmeno una pistola, tutta la potenza di fuoco era nelle mani del mitragliere di poppa.

Diciamo che committente e progettisti avevano immaginato che le battaglie nei cieli fossero simili a quelle tra navi di linea dei tempi di Nelson (o degli immaginari Hornblower e Aubery).

Il Defiant è una dimostrazione di quanto possa essere terribile una buona idea se slegata dal contesto.

Come intercettore di bombardieri l'aereo rispettò pienamente le aspettative teoriche.

Ma come intercettore di bombardieri in un contesto reale fu un completo fallimento perché inadatto a combattere in un ambiente dominato dai caccia monoposto.

Insomma, il Defiant è la dimostrazione fatta aereo di quello che succede quando si tenta di mettere in pratica la frase "Basterebbe Che".

Non basta mai.



Diario di Berlino

 <<Com'è andata giù Parigi negli ultimi dieci anni! Ci sono francesi che indicano le insegne al neon, le lussuose sale cinematografiche, le vetrine dei commercianti di automobili, i volgari bar ora così diffusi sugli Champs-Elysées, una volta tanto belli e dicono: "Ecco che cosa ci ha fatto l'America". Può darsi che sia così, ma io penso che sia l'espressione di ciò che la Francia ha fatto a se stessa. La Francia ha perso qualcosa che aveva quando arrivai qui quattordici anni fa: il suo buon gusto, una parte della sua anima, la coscienza della propria missione storica. La corruzione si annida ovunque, l'egoismo di classe si trova dappertutto e la confusione politica è completa. I miei amici, persone perbene, hanno rinunziato alla lotta Dicono: "Non mi interessa". Ciò conduce ad una specie di menefreghismo disfattista, anarcoide, propagandato da...>>

Quando sono state scritte queste parole?

Ma prima di chiederci la data, chiediamoci se non potrebbero essere perfettamente adeguate a descrivere Roma, Milano, Matera o Bologna.

Date le evidenze, forse si farebbe prima a chiedersi in qual minima misura potrebbero non applicarsi all'Italia edonista, antioccidentale, antiscientifica e succube delle autocrazie del 2024.

Ma arriviamoci: da chi e quando sono state scritte queste parole e in quali circostanze?

Beh, sono state scritte da William Shirer, un giornalista e storico americano.

Quando? 

Una settimana prima della resa di una repubblica libera all'aggressione fascista: il 22 Marzo del 1938.

Una settimana prima che la guerra civile spagnola fosse vinta dai fascisti.

Pochi mesi prima che Chamberlain regalasse l'Europa ad Hitler lavandosene le mani, peggio di Pilato, a Monaco.

Un anno e rotti prima che Hitler, forte della debolezza dei francesi di cui sopra, scatenasse la più grande catastrofe della storia dell'umanità.

Shirer, già nel 1938, denunciava la catastrofe a cui avrebbe portato l'appeasement verso le dittature.

E fu profeta.

L'altro aspetto interessante del diario è l'amarezza di Shirer, tornato a Berlino dopo la guerra, nel constatare quanti pochi tedeschi fossero consapevoli della loro responsabilità nell'accaduto e quanti di loro, troppi, fossero semplicemente dispiaciuti di averla persa, la guerra.

Il Diario di Berlino racconta l'orrore di un uomo che vede un intero popolo assoggettarsi volenterosamente alla barbarie nazista.

E l'ignavia degli altri popoli che questa barbarie hanno reso possibile.

Il Diario di Berlino di William Shirer è un classico: parla esattamente del tempo presente.

E di quelli terribili che i pacifinti stanno fabbricando.







6 marzo 2024

Caro Diario: meglio un ciclista selvaggio oggi che un automobilista assassino domani

Caro diario,

poco fa, mentre buttavo il rusco, sono stato investito da un ragazzo in bicicletta.

Casa mia è su una strada a senso unico con parcheggio a spina di pesce su entrambi i lati.

Per abitudine guardo sempre anche dall'altro lato anche se è senso unico.

Anche questa volta.

Solo che, dall'altro lato (quello giusto) arrivava l'autobus e so per esperienza che se passa l'autobus non c'è spazio davanti ai cassonetti.

Quindi, ho aspettato anche se ci sarebbe stato abbastanza tempo per attraversare in sicurezza: preferisco che l'autobus si tolga di mezzo.

E sono stato falciato da un ciclista contromano.

Siamo finiti tutti e tre a terra: io, lui e la bici.

E anche il rusco, ovviamente.

Lo shock è stato spiacevole ma ancor più spiacevole è stato leggere il terrore nell'investitore.

Terrore, per sua e per mia fortuna, ingiustificato.

Non ci siamo fatti niente.

Io nemmeno mi sono sporcato sul serio la giacca.

Insomma, due secondi di spavento, tre di rabbia e due minuti di...

Boh, di cosa?

Non stavo attraversando, ero fermo sul ciglio della strada tra due auto parcheggiate a spina di pesce in corrispondenza del paraurti posteriore, quindi fuori traiettoria dell'autobus e controluce rispetto ai fari dell'autobus.

L'investitore in bici, ovviamente, non aveva luci, altrimenti l'avrei visto io arrivare da lontano.

Ora, non voglio giustificare l'investitore ma, dato che quel tratto di strada è percorso regolarmente contromano da monopattini elettrici (truccati) e ciclomotori e anche da qualche occasionale automobile,  constatare che mi è andata stra bene: nessun danno e una nuova carica di energia alla batteria del mio sesto senso che oggi ha latitato: non credo che dopo aver guardato anche dal lato sbagliato di un senso unico prima di attraversare lascerò di nuovo passare sette secondi standomene sul ciglio della strada.

Questa persona ha scelto, nella sua irresponsabilità, di adoperare un mezzo che mi ha consentito di tornare dalla mia famiglia come se nulla fosse.

Avesse scelto un veicolo a motore io ora sarei in ospedale o peggio.

Ecco, me ne sono reso conto subito, quindi dicevo: due minuti di incontro.

Per (sua?) fortuna, neppure lui si è fatto male e lo scontro si è risolto in un incontro amichevole.

Il mio solo dubbio è: ho agito bene?

Davvero investire un pedone andando contromano senza luci di notte è una faccenda che si può concludere con una stretta di mano e basta?

Ho sentito dentro di me di sì, proprio perché nell'incoscienza del comportamento, c'è stata, da parte sua, una misura di sicurezza di fondo: usare la bici e non un mezzo più pericoloso.

E, poi, per fortuna non è capitato a me di uscire dal parcheggio a spina di pesce ed essere preso in pieno da un ciclista che arriva contromano: in queste circostanze non c'è prudenza ed attenzione che tengano: non si può guardare dietro e avanti contemporaneamente.

Ma, come automobilista, sarei stato coinvolto in un incidente potenzialmente letale e no, non mi va proprio nemmeno per completa imprudenza del ciclista.

In due parole:  la mobilità sostenibile via bicicletta è davvero più sicura.

3 marzo 2024

Bristol Beaufort & Bristol Beaufighter: Padre e Figlio

Oggi parliamo del Bristol Beaufort, un aerosilurante inglese della Seconda Guerra Mondiale, e di suo figlio Bristol Beaufighter, diretto successore nel ruolo di aerosilurante ma anche nei ruoli di caccia pesante e cacciabombardiere. Del nonno, il Bristol Blenheim, ne ho già parlato qui.

Entrambi furono degli ottimi cavalli da tiro per la RAF e dimostrano il corretto modo di gestire la produzione aeronautica, almeno in tempo di guerra.

Da un bombardiere leggero si ricava un aerosilurante, dall'aerosilurante un caccia pesante/cacciabombardiere.

Se il Blenheim poteva volare al massimo a 420 Km/h, il discendente Beaufighter poteva andare a 515 Km/h.

Il Beaufort fece vedere i sorci verdi alle marine dell'asse e il Beaufighter, con la sua grande potenza di fuoco (4 cannoni da 20mm concentrati nel muso) era un cacciabombardiere temibile.

Una nota di colore.

L'aerosilurante italiano standard fu l'SM-79 Sparviero: un bombardiere medio.

In pratica, gli inglesi, che erano ricchi, per sganciare un siluro usavano un aereo bimotore con un equipaggio di 4 persone.

Noi, che eravamo poveri e disperatamente a corto di risorse e materie prime, per trasportare lo stesso carico bellico avevamo bisogno di impiegare 3 motori e 6 persone: i miracoli del fascismo.

Vi lascio un po' di foto. I kit airfix sono stati piuttosto divertenti da assemblare.

Quello del Beaufort è parecchio dettagliato, quello del Beaufighter è più spartano.

Apprezzo i kit Airfix, ma non approvo che l'elenco dei colori sia definito solo secondo lo standard Humbrol e soprattutto solo secondo il loro codice numerico.

PS: il carrello del Beaufort mi era venuto perfetto ma una certa signorina ha deciso di far cadere sopra il modellino un discreto peso e ho dovuto ripararlo alla meglio.


Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufort & Bristol Beaufighter

Bristol Beaufort & Bristol Beaufighter