15 dicembre 2016

le lacrime di coccodrillo degli indignati per Aleppo

Post breve ma rabbioso.
Anzi, indignato.
Per cinque anni, la frazione di opinione pubblica europea/italiana che ha qualche interesse nella politica estera (se gridare w hamas w hamas gli ebrei nelle camere a gas o qualcosa del genere appartenga alla categoria "politica estera") ha snobbato la tempesta in corso in Medio Oriente.
Ha ignorato l'ascesa di ISIS fino a quando non sono arrivati gli attentati in Europa.
Se ne è fregata della Libia, della caduta dello Stato laico turco, dei generali egiziani, dell'atomica iraniana, del massacro dei curdi, dello Yemen, dei nostri cari petrotiranni sauditi e potrei snocciolare ancora a lungo parole inutili.
Ora ci si straccia le vesti per una delle tante città massacrate dall'ignavia europea, il neofascismo dei potentati locali (il Partito Ba'th del defunto Saddam Hussein e del vittorioso Assad altro non è che la variante locale del fascismo) e l'immenso oceano dell'Islam eretico alla ISIS/AlQaeda/Hamas eccetera.
E le altre?
E ieri?
L'ansia ipocrita in cui si grida al "fare qualcosa" che nemmeno si capisce cosa implichi.
Fare qualcosa per Aleppo oggi significa guerra, guerra vera, non come quella vista in televisione da Desert Storm ad oggi.
La verità è che  il nostro sistema di valori non è messo a rischio dall'ISIS ma da questa vigliaccheria congenita in perfetto mix con il naturale egoismo dei ricchi.
Se per anni avete agito come se la vita di un miliziano di Hamas valesse più della vita di cento bambini siriani avete poco titolo per frignare su Aleppo e le sue vittime.
Volete chiedere che si faccia qualcosa per la prossima Aleppo? Che so, in Libia?
Allora chiedete 12 brigate di combattimento, 400 caccia medi e navi a sufficienza per trasportare e supportare le truppe che faranno qualcosa.
E se avete voglia di fare qualcosa anche per i Curdi fatevi due conti di quante brigate pesanti serviranno per mettere i turchi a posto.
Nel frattempo smettetela di versare lacrime di coccodrillo: è un pianto osceno.


Ovviamente, di cambiare il nostro modo di vivere per non dipendere più dal petrolio degli emiri eccetera non ci passa manco per l'anticamera del cervello.
Sono convinto che tra diminuire il proprio impatto ambientale del 70% e metter su un esercito di 40 divisioni le anime belle del popolodellapace energivoro sceglierebbero senza batter ciglio la seconda opzione.

5 dicembre 2016

Lettera aperta al Sì

Caro Sì,
prima di tutto sappi che non voglio assolutamente maramaldeggiare.
Mi chiedo se tra le tue fila ci siano un po' di casi come i seguenti:
Lavori quattro ore a settimana pagato coi voucher. Risulti tra gli occupati;
E' dicembre e tuo figlio al liceo non ha ancora il professore di Italiano. Vorresti lamentarti ma ti rendi conto che c'è chi sta peggio: i bambini che avrebbero bisogno di sostegno ma l'insegnante di sostegno non c'è anche se sulla carta potrebbe anche esserci.
Tua madre adesso vive a Reggio Emilia, ma tu vivi a Bari e i tuoi non hanno divorziato. Lei aveva una cattedra di italiano precaria al locale liceo ma un algoritmo segreto di cui non sono pubblici i parametri operativi l'ha trasferita a Reggio Emilia.
La sua cattedra di Italiano a Bari è rimasta vuota. Oppure è stata occupata da un docente con meno punteggio di tua madre.
Hai tre lauree ma il Ministro ha immesso in ruolo al posto tua una signora cinquantenne con il diploma che non ha mai insegnato prima in vita sua.
Ora fa sostegno ad un bambino che avrebbe miglior fortuna se non avesse nessuno a sostenerlo.
Hai avuto un lavoro per qualche mese, esauriti gli incentivi statali ti hanno licenziato. Hai fatto causa e hai vinto. Al netto delle spese processuali il tuo risarcimento è di un paio di stipendi.
Vogliamo parlare della gestione dell'immigrazione?
Di quella della crisi del sistema bancario?
La mia teoria è praticamente infnita.
Una successione di provvedimenti, un mix perfetto di policy neoliberiste e banale incompetenza grillina.
Io potrei anche proseguire argomentando ulteriormente.
Ad esempio: l'algoritmo del trasferimento docenti è segreto perchè i capoccia del ministero sono incompetenti o perchè sanno benissimo quello che fanno?
Ma non è questo il punto, caro Sì.

Caro Sì, il tuo problema è aver pensato che il No fosse una scelta.
Invece è una somma.




Ti preoccupi del futuro dell'Italia, dei populismi, dell'immobilismo.
E fai bene.
Sfidi il No a fare cose, ad assumersi responsabilità.
Ma il No non esiste.
Esistono solo i membri di una equazione che la Classe Politica e Dirigente italiana ha impostato a spese di tutti.
Caro Sì, sei tu la scelta: di fede. 
E di ignoranza, nel senso più tenero possibile, della realtà.
Il No è matematico.
E si sa, la matematica, in Italia, la si studia male.
Figuratevi dopo la buonascuola.




9 novembre 2016

Io voto Trump per legittima difesa da Faraone e dalla Giannini

Ovviamente non voto in USA e non voglio parlare di Trump ma di quelli che si sono sperticati nell'insultare i suoi elettori e gli elettori italiani equivalenti.
C'è un famoso aforisma che recita più o meno:
"Se dici io non sono razzista ma vuol dire che sei razzista".
Atteniamoci pure all'aforisma.
Sei un cittadino onesto al netto del download degli mp3 e del superare il limite di velocità in tangenziale.
Paghi le tasse.
Non hai mai picchiato nessuno in vita tua e mediti di diventare vegano.
Vai in bici al lavoro.
Fai pure volontariato.
Ami leggere e se fosse per te sarebbe Civati il presidente del consiglio.
Non hai nulla contro i musulmani e sei favorevole alla costruzione di moschee.
Non hai nulla contro i Rom e sei ben consapevole che le persone che vivono in condizione di disagio non hanno i tuoi stessi strumenti per distinguere il bene dal male.
Se vedi che lasciano rifiuti dappertutto quasi ci ridi sopra quando pensi ai tuoi concittadini che insistono nel gettare le carte per terra e i vasetti di vetro nel cassonetto dell'umido.
Sai che la tua civiltà è parzialmente responsabile degli orrori del Medio Oriente e dell'Africa da cui fuggono i disperati che la Marina del tuo Paese salva a migliaia ogni giorno.
Hai anche partecipato ai rari tentativi della Società Civile di accoglierli.
Li vedi ciondolare in giro e ti si spezza il cuore.
Sai che sarebbe possibile fare molto di più per accogliere queste persone con pochissima spesa: corsi di lingua, lavori socialmente utili, educazione civica eccetera.
Poi, volgi gli occhi in alto.
Non troppo, basta il Sindaco.
Vuole portare la Città in Europa ma la sua azione politica ed amministrativa contribuisce ad esiliarti al Nord.
I fondi PISUS preferisce mandarli indietro piuttosto che spenderli proficuamente.
Inizi a guardare più in alto e il tuo presidente della Regione è capace di eloquio e di parole di speranza ma non di arrestare l'emorragia di emigrazione al Nord e di petrolio nei fiumi.
E allora gli occhi al cielo non li alzi più, anzi, li abbassi sull'asfalto.
E pensi:
Trump vuole rinunciare ai trattati ambientali ma il tuo governo progressista ha fatto carne da macello dell'industria rinnovabile  e per la nuova mobilità punta al modello Calcutta disdegnando quello Danimarca.
Trump è isolazionista, ma fuorilItaliadallaNATO e YankeegoHome non sono proprio slogan di Berlusconi.
Il peggior razzista è colui che, pur pronunciandosi a parole contro queste oscenità, non fa nulla per alleviare i disagi di chi deve sopportare le conseguenze.
Alla fine della fiera ti accorgi che è a te che tocca di vivere nella merda, con l'immondizia sparsa ovunque, certo, proporzionalmente più dai tuoi cari concittadini che dai nuovi arrivati, ma quella costante universale di cumuli di rifiuti dove hanno soggiornato i Rom non ti piace proprio. 
E non te la prendi coi Rom, ma col Sindaco perchè un campo mobile Rom non è una capocchia di spillo invisibile e ti domandi perchè non si ripulisca dopo che sono andati via.
Prendi l'autobus e sei l'unico a pagare il biglietto in una folla di giovani immigrati che, ahiloro, non si degnano di lasciare il posto a sedere ai radi ed impauriti anziani e che ostentano un comportamento che farebbe la felicità dell'ufficio propaganda di Salvini ma non c'è nessuno che porti la normalità, anzi, quando poi paseggi per il centro ti tocca il contrappasso di vedere la polizia prendersela sempre con gli utlimi tra gli ultimi.
E vogliamo parlare della tua vita lavorativa, precaria ad libitum, in cui ti tocca assistere al trionfo degli amici del Sindaco/Presidente della Regione che ti sfottono pure?
E che dire di un governo che partorisce controriforme di estrema destra come il jobsact o la buona scuola, capace di produrre delle oscene catastrofi umane come la mobilità docenti ed il concorsone o il fertility day, ridurre il Paese al rango internazionale dell'Albania e incapace di implementare soluzioni di alcun genere?
Non è necessario esere razzisti, omofobi, sessisti per votare Trump.
E' sufficiente aver constatato qanto siano razzisti, omofobi e sessiti i progessisti a parole ma che sono sempre supersonici nel porre limiti 'ragionevoli' ai diritti altrui, si oppongono al reato di tortura, non hanno una parola per la Macelleria Messicana della Diaz, comprimono di fatto i salari, danzano con le banche e comprano F-35 oltre ad un perenne e disgustoso favoritismo spudorato e pubblico agli amici degli amici.
Quindi, perchè non votare il candidato leghista nel momento in cui dopo aver preso i voti dei ciclisti al primo turno il sindaco propone di incentivare l'uso delle automobili?
Perchè non votare Grillo/Savini nel momento in cui i provvedimenti del PD & Sodali superano per gravità e portata quelli del primo e rampante Berlusconi?
Se le azioni conseguenze pratiche della quotidianità del  governo PD sono profondamente discriminatorie e penalizzanti verso tutti gli ambiti della tua vita e sei anche consapevole che Salvini o Grillo non sono la soluzione è così grave che tu li voti semplicemente per punire l'arroganza e l'incapacità di persone che vorresti vedere anche loro costrette a prendere quell'autobus e passare tra i rifiuti e partecipare al meraviglioso mercato del lavoro italiano?
Perchè dovrei continuare a votare un politico di finta sinistra che agisce esattamente come uno di estrema destra ma in più si preoccupa di affermare il contrario?
E' lecito mandarlo a casa in cambio di un impresentabile che farà cose impresentabili identiche a quelle pessime fatte per anni da persone che si riempiono la bocca di frasi vuote e che ora suonano come una campana a morto sul nostro sistema politico?
Visto?
Niente MA.
Io non sono razzista.
Lo siete voi.
E se Trump vi fa schifo, la prossima volta, farete bene a non far arrivare la Clinton lì dove è arrivata. 

Nota: Trump forse è un personaggio dei Simpson, la Clinton è sicuramente un personaggio di House of Cards

In termini spicci, per l'Italia: siete andati a votare Civati alle Primarie del PD?

No?
Di che state parlando, quindi, quando vi stracciate i capelli e vi riempite la bocca di insulti per gli elettori di Trump Salvgrillo?


Ma, forse, meglio di me e delle mie parole potrebbe farvi riflettere questo breve spezzone del film "La Crisi":

6 novembre 2016

La Kuznetsov verso la Siria: Tsushima reloaded? No: è la Corazzata Potëmkin 2

Sono stato sollecitato a riprendere un po' la vena geopolitica del blog.
Diciamo che qualcuno a me mooolto vicino ha iniziato a considerare la bicicletta una possibile rivale e mi ha invitato a riscoprire più antiche ed innocue passioni.
Bando alla logorrea: 
sta destando scalpore e preoccupazione in quella minuscola frazione dell'Opinione Pubblica Europea interessata più ai rischi di una degenerazione in conflitto generalizzato della guerra civile siriana che al campionato di calcio il dispiegamento di un Gruppo di Battaglia di Portaerei (CVBG) russo nel Mediterraneo.
La tesi del vostro autore preferito è che la faccenda sia pericolosa ma non seria.
Il Gruppo di Battaglia è composto da una portaerei convenzionale (CV) Admiral Kuznetsov, un Incrociatore da Battaglia Lanciamissili a Propulsione Nucleare (BCGN) classe Kirov Piotr Velikij (Pietro il Grande), due cacciatorpediniere antisommergibile (DD) classe Udaloy Severomorsk e Kulakov ed un numero imprecisato di navi supporto.
Pare che le navi siano scortate anche da due sottomarini d'attacco (SSN) classe Akula e da un sottomarino convenzionale (SS) classe Kilo.
Come al solito, vi rimando a Wikipedia per gli approfondimenti tecnici.
Questo minaccioso elenco dovrebbe dar ragione agli allarmisti ed effettivamente, sulla carta, la potenza di fuoco di queste navi è semplicemente devastante.
Per prima cosa ricordiamoci che sono tutte dotate di testate nucleari.
Però, senza doversi spingere a danzare con l'Apocalisse, andiamo a verificare caratteristiche ed armamento convenzionale del Pietro il Grande.
Questa grossa nave è un residuato della guerra fredda quando la marina dell'URSS si preparava per la sua unica missione: impedire ai convogli NATO di portare dagli USA all'Europa rinforzi e rifornimenti.
Sulla carta è la più potente unità di superficie attualmente in servizio.
La nave è armata con 20 missili P700.
Una sigla che identifica un ordigno pesante 7 tonnellate, lungo 10 metri e che viaggia a Mach 2,5 e che può colpire un bersaglio a 5-600 km di distanza.
Avete presente un autobus?
Ecco, siam lì.
Sono armi progettate per affondare le superportaerei americane ma sono perfette anche per attacchi terroristici sulle città dato che possono far fuori un grosso isolato anche con la sola energia cinetica.
A questi gingilli vanno aggiunti un centinaio di missili contraerei a lungo raggio adoperabili anche in ruolo antisuperficie tra i 90 e i 180 km e 16 missili antisommergibile (anche questi adoperabili in ruolo antinave: il siluro che portano in prossimità del sottomarino da attaccare può essere usato come testata in ruolo antinave).
Impressionante?
Certo.
Ma non sono tutte zanne e artigli quelli che scintillano nella notte.
La nave è vecchia, non solo anagraficamente, ma come concezione d'impiego.
Nata per brevi incursioni in Atlantico Settentrionale e Pacifico per portarsi a distanza di tiro utile dai gruppi di battaglia Nato non è stata progettata per operazioni come quella in corso.
Qualche esempio?
E' a propulsione nucleare, giusto?

Vi aspettate che sia in grado di viaggiare a velocità massima senza problemi di autonomia.
E invece no.
Perchè i Sovietici non erano capaci di costruire un reattore sufficientemente potente e compatto da infilare nello scafo di un incrociatore.
Quindi, hanno dovuto fare di necessità virtù: gli incrociatori classe Kirov sono dotati di due reattori nucleari e... 2 surriscaldatori convenzionali.
In breve: i reattori nucleari generano vapore in grado di spingere la nave fino a circa 20 - 24 nodi a seconda delle fonti, mentre, per raggiungere velocità da combattimento (32 nodi),  si deve surriscaldare il vapore ulteriormente bruciando nafta.
Il nostro incrociatore ha un'autonomia in tali condizioni di poco più di mille miglia. Un po' poco per una nave a propulsione nucleare, pochissimo per una nave che fa parte di un gruppo di battaglia.
Ricordiamoci sempre che la nave era progettata per una rapida incursione al largo della Norvegia a caccia di Portaerei ed altre grandi navi NATO e non per il ruolo di nave scorta di una Portaerei.
E visto che ci siamo parliamo un po' di 'sta Admiral Kuznetsov.
E' un mezzo rottame pure lei.
Ha preso il mare per la sua prima missione di combattimento scortata, oltre che dalle sopracitate navi da guerra, anche da... un rimorchiatore oceanico che è lì perchè il suo sistema di propulsione è dannatamente scadente ed inaffidabile e già una volta la nave è finita alla deriva in pieno oceano.
Quando ha attraversato il Canale della Manica la Royal Navy ha diffuso immagini di impressionanti colonne di fumo nero emesse dai fumaioli della portaerei, chiaro sintomo di un sistema di propulsione in cattivo stato (e/o di scarsa qualità).
Anche questa portaerei era pensata per tutt'altro ruolo.
Cosa più unica che rara per le portaerei è armata anche lei con gli stessi missili antinave dei Kirov con il risultato di avere una nave ibrida nè portaerei nè incrociatore lanciamissili.
Ha un gruppo di volo di 32 caccia moderni (MiG 29 e SU 33) ma non ha le catapulte, quindi i caccia possono levarsi in volo solo con un ridotto carico di carburante ed armi.
E, ricordiamolo: le eccezionali prestazioni dei caccia russi di fine guerra fredda avevano un prezzo mica male: la durata (nel senso che poi lo butti) di certi motori era paragonabile all'intervallo di manutenzione degli omologhi occidentali.
Insomma, serviva per fornire difesa aerea alla flotta impegnata in missioni antinave, non certo per operare come i gruppi di battaglia occidentali progettati per la proiezione di forza.
Per completezza, sulla Kuznetsov metà dei cessi non funzionano e la nave è descritta come 'in pessime condizioni' per quanto riguarda gli addobbi interni.
Fino ad oggi, la cosa più ostile che è riuscita a fare la Kuznetsov è stato inquinare le acque irlandesi.
Un Ammiraglio russo arrivò a dichiarare che le condizioni dei reattori nucleari del Pietro il Grande erano a rischio esplosione e tutto l'equipaggio fu multato di un mese di paga.
E potrei continuare a lungo.
Non sto affermando che il gruppo da battaglia russo sia una dibattistata, tutt'altro.
Ma che è questione di prospettive.
Quelle navi, che proprio mentre scrivo stanno prendendo posizione al largo della Siria, hanno una potenza di fuoco devastante.
Ma solo in teoria.
32 missili P700 possono portare a mach 2,5 32 tonnellate di esplosivo su Aleppo incenerendo 1-2 kmq di città e relativi abitanti.
I suoi 32 aerei potranno effettuare un pugno di strike al giorno per qualche tempo.
E poi?
Queste navi stanno compiendo una missione per cui non sono state progettate nè equipaggiate.
Immagino le risate amare dei piloti russi negli hangar della Kuznetsov che vanno alla guerra scortati da un rimorchiatore su aerei che possono decollare solo con un carico parziale di carburante e munizioni e in cui metà delle latrine sono fuori uso.
Non vi tedierò tentando una dimostrazione di quanto la flotta russa potrebbe essere facile preda di un gruppo di battaglia basato su portaerei americane e di come quei grossi missili antinave siano il bersaglio perfetto per i moderni cacciatorpedinere contraeri occidentali inclusi quelli italiani e questo vi dovrebbe rendere l'idea, no?
Se esistesse il comandante di una marina europea potrebbe essere tentato di considerare le navi russe in Mediterraneo più come ostaggi che come una minaccia. 
In altri termini possiamo sentirci minacciati solo se  desideriamo sentirci minacciati in pieno spirito "Chi pecora si fa il lupo se lo mangerà".
Il problema, al solito, è tutto interno alla nostra cara vecchia Europa.
Oscilliamo tra il terrore e l'isteria anti russa e l'ammirazione populista per un regìme corrotto ostile e liberticida.
Ma la minaccia russa è un bluff anche maggiore di quello dei tempi della guerra fredda e del Patto di Varsavia.
L'Europa, anche senza contare gli USA, ha un potenziale militare di gran lunga superiore a quello russo cosa che sembra essere un mistero solo per la sua opinione pubblica.
Vogliamo davvero ritornare all'equivalente degli anni '80 quando c'erano sei armate corazzate sei accampate ad Ovest dell'Elba?
E mentre noi siamo impegnati con l'olio di palma e il terrore dei migranti regimi illiberali nostri naturali nemici mortali si instaurano alle porte ed anche dentro le porte: Ungheria, Turchia...

un BCGN classe Kirov

La Kuznetsov nel canale della Manica qualche giorno fa:
anche ad occhio inesperto non sembra che i propulsori stiano funzionando benissimo

L'SSN19 Shipwreak il nome in codice NATO del missile P 700 Granit

1 novembre 2016

2000 km Bike to Work sulla stessa bici: conseguenze

Il Ciclista urbano alle prime armi scoprirà a sue spese che la manutenzione ordinaria della bicicletta non consiste solo nel tener le camere d'aria gonfie e le lampadine funzionanti.
C'è la catena.
Più precisamente, ci sono i pignoni.
Anzi, rettifico, è davvero una catena. 
Di eventi.
Il Ciclista urbano alle prime armi che, Runtastic alla mano, percorra un minimo di 120 km al mese di solo bike to work, scoprirà il fenomeno dell'allungamento della catena.
Per anni ed anni, da ragazzino, il problema era quando la catena cadeva o si arrugginiva.
Non avevo mai sentito parlare di allungamento della catena, nonostante abbia fatto il mio ultimo esame al Politecnico con un luminare delle ruote dentate che non è stato capace di infilare nel suo programma una sola informazione pratica da usare nella Vita, lavorativa e non.
Nemmeno questa.
In due parole: la catena, ovviamente si usura dato che è un componente sempre in movimento soggetto a trazione ed attrito. 
E io, questo, lo sapevo.
Mi immaginavo che, ad un certo punto, nel migliore dei casi, il familiare rumore della mia bicicletta sarebbe mutato e nel peggiore mi sarei fatto un paio di km a piedi dopo aver spezzato la catena per usura.
Njet.
Niente di tutto questo:
certo, ovviamente le cose possono andare anche così, ma il vero problema è che la catena si allunga e dopo un po' che si è allungata intacca il pignone anche se apparentemente è tutto ok.
Solo che il pignone è da buttare perchè una catena nuova non si adatterà a dei denti di ingranaggi deformati.


il vecchio pacco pignoni con il 4° pignone
compromesso dalla vecchia catena troppo allungata
Sono stato chiaro e coinciso?
Bene, ringraziatemi perchè ho scoperto queste ed altre cosucce del genere nel corso dell'ultimo mese di manutenzione straordinaria della mia bici.
Per prima cosa: 
dove ho sbagliato?
Francamente, solo nel non aver rilevato prima l'allungamento della catena. 
Tutti gli altri guai erano inevitabili.
Perché?
Perché 2000 km per una bicicletta da supermercato sono più o meno la sua vita utile senza procedere a manutenzione straordinaria.
E ho, appunto, percorso con la mia bici tra i 2000 e i 2200 km circa in 17 mesi.
Ecco un parziale elenco spicciolo di tutti i guai meccanici che ho avuto:
Ho cambiato la catena, il pignone e tutta la ruota posteriore (perchè in quella originale si è guastato il meccanismo della ruota libera e per completezza il suo copertone  si è precocemente ingobbito.


ruota nuova

In più, i freni fanno più rumore di una sirena antiaerea.
Insomma, erroneamente credevo che, in meno di 2 anni, una bici nuova non potesse ridursi così male anche perchè la manutenzione ordinaria (lubrificazione, pulizia, calibrazionI) l'ha avuta tutta e regolarmente.
Inoltre, la bici è sempre stata custodita al chiuso e ha preso pioggia solo pedalando assieme al sottoscritto.
E, invece, banalmente contano i km.
Se la bici la usate 10 km al mese vi dura vent'anni.
Se la usate 10 volte tanto: due.
Alla fine della fiera quello che mi sento di tramandare della mia esperienza è questo:
se avete intenzione di provare il bike to work cercate, per prima cosa, una bici in prestito.
Oppure, seguite pure, fino a un certo punto, il mio sentiero che è partito con l'acquisto di una bici decathlon modello base. 
Investite pure un centinaio di € e rotti (non lesinate su luci, pantaloni antipioggia e sistemi di sicurezza) in qualcosa che, nel momento in cui vi sarete accorti che non vi serve l'automobile per andare a lavorare, vi andrà stretto per tante ragioni diverse (prestazioni, ergonomia e, appunto, affidabilità).
Ma vi suggerisco di non seguirmi fino ad acquistare, come seconda bici, qualcosa di appena più decente di quella modello base dalla grande distribuzione.
Se la bici la usate tutti i giorni vi servirà qualcosa di calibrato sulla vostra corporatura, qualcosa che non debba essere continuamentemesso a punto e con pezzi di ricambio standard.
Inoltre, vi servirà un ciclomeccanico.
E' vero che la ciclomeccanica è qualcosa di molto divertente ed utile da imparare.


un piccolo errore di ciclomeccanica di base

E' vero che è indispensabile imparare a gestire in proprio la manutenzione ordinaria.
Ma è anche vero che alcune attività di manutenzione è più economico (nel senso del rapporto tra il vostro tempo e la qualità della riparazione) che vengano fatte da un professionista: la revisione dei mozzi a coni e sfere, ad esempio, avrei anche potuto farla in proprio ma ci avrei messo giorni ad arrivare a rimontare la ruota in maniera corretta.


triste fine del mio mozzo posteriore

Idem per il movimento centrale: credo che pianificherò a breve un pit stop ad hoc.
Invece, i freni rumorosi credo proprio che me li terrò:
se siete utenti delle piste ciclabili bolognesi non sono un difetto, ma una funzionalità.
I pedoni si offendono molto se usate il campanello per richiamare la loro attenzione sul fatto che sono sulla ciclabile (non ciclopedonale, intendo proprio la ciclabile) e non sul marciapiede ma, se il vostro freno posteriore, quando lo azionate emette un suono a metà tra una tromba da stadio e l'urlo di Chen, si spaventano, ti ringraziano e si spostano di quei quaranta centimetri che separano l'italica virtù dell' "Io so' io e voi non siete un cazzo" dalla retta via.

E, poi, andare in bici al lavoro ti può anche donare incontri come questo...


il bianconiglio non appare agli automobilisti

26 ottobre 2016

Da Animali a Dei: La conchiglia, la serie di Fibonacci e il paradosso della Peugeot

E' raro che io mi metta a scrivere di un libro mentre lo sto leggendo.
Quando leggo un saggio del cui argomento so poco o nulla c'è poco da fare: devo fidarmi dell'Autore.
Però, se dopo un centinaio di appassionanti pagine l'Autore mi smolla qualche affermazione matematicamente assai improbabile mi sorge il dubbio di star perdendo tempo nel completare la lettura.
Sto parlando di "Da animali a Dei, breve storia dell'umanità" di Yuval N. Harari.
Ho iniziato la lettura su invito di una cara amica e sono stato subito catturato fino a quando ho letto le pagine relative al Paradosso della Peugeot.



"Secondo i legislatori francesi, se un legale abilitato seguiva la debita liturgia e procedura, scriveva tutte le formule e proposizioni richieste su un pezzo di carta meravigliosamente ornato, allora, hocus pocus, nasceva una nuova società. Quando nel 1896 Armand Peugeot volle creare una società, pagò un avvocato affinché espletasse tutte queste sacre procedure. Una volta che il legale eseguì tutti i rituali giusti e pronunciò tutte le debite formule, milioni di retti francesi si comportarono come se la società Peugeot esistesse veramente."

Se non ho capito male, l'autore sostiene che il successo evoltivo dell'Homo Sapiens sulla concorrenza sia basato in parte sulla sua capacità di credere a cose che non esistono nella realtà.
Su questo non ribatto, non è una tesi che possa confutare o approvare in mancanza di competenze specifiche.
Ma la realtà, ecco, su cosa sia reale e su cosa non lo sia ho qualche idea e molte dimostrazioni matematiche alle spalle.
Considerate un certo tipo a di quelle belle conchiglie a spirale.
La spirale descrive la curva che passa per vertici consecutivi di rettangoli e quadrati che può essere condotta alla successione di Fibonacci.
Una successione matematica è quanto di più astratto, in apparenza, si possa definire.
Invece, eccola lì, nella parete di una conchiglia o nel disegno dell'infiorescenza di un girasole.
Tra la Successione di Fibonacci ed un girasole non c'è forse la stessa relazione esistente tra la Peugeot ed un'automobile?
Poi: Voi avete mai visto un elettrone coi vostri occhi?
Eppure l'energia elettrica non è il frutto della vostra immaginazione.
Siete certi che la celebre Equazione di Einstein E=mc2 non sia un'astrazione che esiste solo per i Sapiens?
Ma da Hiroshima a Chernobil qualcosina di terrificante è successo davvero.
Ecco, spero che nessuno di voi metta le dita nella presa elettrica perchè tanto le leggi di Ohm sono le debite formule e poi, dopotutto, nessuno ha mai visto una differenza di potenziale elettrica o un amperaggio ad occhio nudo.
Se, come qualce recensore dice, un alieno scendesse sulla Terra e scrivesse lui questo saggio, dubito che considererebbe la Peugeot un'astrazione che esiste solo nella testa degli esseri umani così come  la matematica e la fisica restano astratte finchè non ti arriva un missile nucleare sul cranio (o in un Ospedale ti rimettono a nuovo senza che venga pronunciato alcun hocus pocus).
Il saggio mi sta piacendo e lo trovo originale, arguto e stuzzicante (altrimenti non mi ci sarei messo a ragionare su).
Il mio problema è:
potrò godermi il seguito anche se penso che una parte del ragionamento dell'autore non abbia fondamento logico o è meglio lasciar perdere e dedicarmi all'ultima avventura di Martin Bora?

25 settembre 2016

La mia bicicletta ideale

Non me ne vogliate se insisto con la bicicletta, ma: avete presente quando avete una canzoncina in testa e l'unico modo per togliervi il motivetto dalla corteccia cerebrale è spararvelo nelle orecchie?
Ecco.
Sto pensando alla mia bicicletta ideale e non riesco a togliermi dalla testa queste considerazioni, quindi tanto vale metterle nero su bianco e magari raccatto anche qualche suggerimento.


La spalla del pneumatico posteriore ha ceduto troppo presto

Per prima cosa: no, non sto pensando di sostituire la Turbinosa Mk.2 nonostante si sia rivelata inadatta all'uso continuato (parlo di un migliaio di km annui di solo bike to work), proprio perchè i suoi acciacchi dell'uso quotidiano si sono dimostrati molto divertenti ed istruttivi da riparare.




Ma torniamo a noi.
La mia bicicletta ideale.
Beh, dopo due anni e mezzo di bike to work ed una brevissima parentesi materana un'idea me la sono fatta.
Prima di tutto: quello che va bene per Bologna non va bene per Matera.
Quindi, iniziamo da Bologna.
La mia bici ideale ha il telaio economico, in acciaio.
Il peso in più non è un problema, non devo fare gare di velocità e poi mi fa bene fare un po' di fatica.
Fa bene alla panza.
Non ha ruote da bici di strada, nè da città. 
Mi sono trovato discretamente bene con le 700x38C da trekking.
Già, trekking, perchè molte piste ciclabili, qui a Bologna, sono sui marciapiedi con un fondo stradale che oscilla tra la grattugia e il pavè passando per il terreno erboso.
E non solo: dato che sono spesso progettate come se l'autostrada Torino Milano non avesse altre uscite oltre Milano e Torino, spesso, per entrarvi o uscirvi, si deve salire o scendere dal marciapiede in maniera piuttosto brusca.
Quindi, non va assolutamente bene una bici da strada, figuriamoci una da corsa.
Per il momento posso fare a meno degli ammortizzatori, più in là vedremo cosa dice il fondoschiena.
Al momento, quindi, abbiamo a che fare con una bici ordinaria in acciaio, ruote da 28" e pneumatici da trekking.
Per la trasmissione ritengo che a Bologna il deragliatore anteriore sia del tutto superfluo dato che, a meno di voler far gite in Collina, si avrà a che fare al massimo coi cavalcavia di ferrovia e autostrada.
E anche il numero di rapporti non è necessario che sia esagerato: forse tre va già bene, l'importante è che sia un sistema preciso e affidabile.
Freni?
Vorrei provare i freni a disco perchè i V-Brake della mia bici attuale sono efficaci, sì, ma di instabile regolazione.
Regolare i freni non è banale, ma si impara.
Ma che la regolazione sia duratura non è scontato e, nel mio caso, devo costantemente registrare il freno posteriore.
Tuttavia, la cosa più difficile da reperire sul mercato è un buon impianto luci.
Le luci sono fondamentali, non tanto per consentire di vedere, quanto per essere visti.
La mia Hoprider 300 ha un ottimo impianto basato su una dinamo a mozzo (quindi con attrito ridottissimo e con in più il vantaggio di marciare con le luci sempre accese).
Ma non basta.
Non me ne vogliano gli efficienti legislatori della Repubblica, ma il codice della strada non può essere un patto suicida, quindi, sostengo che oltre alla luce anteriore bianca e posteriore rossa, i catarifrangenti anteriore, posteriore e laterali, siano indispensabili delle luci intermittenti.
Tra l'altro, se, da un lato, pare che siano vietati dall'altro, sui siti di varie amministrazioni pubbliche ne viene incoraggiato l'uso.
Io adopero dei modelli a batteria,  con luce intermittente bianca sul manubrio, e rossa sotto la sella.
Le batterie durano più di sei mesi con uso quotidiano.
La mia visibilità aumenta moltissimo  anche quando sono fermo ai semafori o ai passaggi a livello quando le luci a dinamo smettono di funzionare.
In più, ho un'altra lucetta simile con batteria ricaricabile via usb appesa allo zaino.
Ecco, mi piacerebbe trovare una bici in cui questo tipo di lucette intermittenti fosse alimentato sempre dalla dinamo senza doverci stare a pensare tutte le volte.
Oppure, ci sono delle luci intermittenti alimentate dalle correnti indotte generate da un sistema ad induzione magnetica in cui gli elementi attivi sono un magnete fisso ed il cerchione metallico in movimento.
Purtroppo, questi kit (siano benedette le equazioni di Maxwell) costano un occhio della testa.
E di alternative su led da collegarsi direttamente all'impianto esistente proprio non riesco a trovare traccia.
Tutto qua.
Ora, almeno fino a quando il movimento centrale della Turbinosa Mk. II resterà utilizzabile dubito molto che mi azzarderò a sostituirla (e anche in quel caso si tratta di un problema di semplice soluzione).
Quello che potrebbe farmi cambiare idea prima del tempo è la posizione di guida:
le biciclette differiscono per taglia e la scienza di adattare un telaio ad un corpo è ormai ben più che sviluppata.
Venendo da una bici modello molto base,  la Hoprider 300 mi è sembrata subito (in sede di prova di acquisto) una specie di limousine, ma non è così: il sellino è troppo arretrato e il manubrio troppo basso anche al massimo delle regolazioni rendendo la posizione di guida piuttosto scomoda dopo nemmeno un km di pedalate.
E a Matera?
Ritengo che per il bike to work sia indispensabile la pedalata assistita, a meno di casi particolari, quindi non avendone nessuna esperienza, non saprei come definirne i requisiti.

Invece, per le passeggiate, mi sa che il deragliatore anteriore è indispensabile.
Venendo completamente a mancare la necessità di andare su piste ciclabili su marciapiedi e/o dissestate, mi sa che andrebbe benissimo una bici da strada fatte salve le stesse considerazioni su freni, luci e dimensioni.
In tutti i casi: non dimentichiamo il campanello, serve fin troppo spesso un bel drin drin a spostare l'attenzione dal cellulare al volante, quindi, che sia ben squillante.
Insomma, dopo un po' di esperienza ci si accorge che una bici non è solo una bici, che una non vale l'altra, soprattutto se la usi tutti i giorni.
Ecco, ora che i miei pensieri sulla mia bici ideale sono nero su bianco, posso passare oltre e cercare un altro pensiero molesto da ridimensionare con le parole.

19 settembre 2016

Voi: gli altri.

"Dinnanzi a voi m'impegno, sul mio Onor"
Ecco il primo verso del Canto della Promessa.
E' stata scritta da Padre Jacques Sevin, fondatore degli Scouts de France nel 1920.
Certo, la Promessa AGESCI inizia invocando l'Aiuto di Dio.
Ma in ogni Cerimonia della Promessa cantiamo questo verso centrale:
Dinnanzi a voi m'impegno.
Oggi scriverò qualcosina su questo "Voi".
Ma Voi mi direte: "Cosa ce ne frega a Noi?"
E avete ragione.
Secondo il sentire comune, ci siamo già impegnati tutti molto se riusciamo a  ricordarci di un buon "Noi due".
E gli altri?
Chi sono questi altri?
E perchè il nostro privato dovrebbe essere messo a confronto con gli altri?
Nella Storia Umana la Collettività ha calpestato diritti ed aspirazioni dei singoli, finalmente l'individuo ha una tutela decente e tu ci parli degli altri?
Effettivamente, le Comunità umane non hanno mai brillato, nè in passato nè oggi, per tolleranza e accoglienza.
C'è poco da sperare che le cose migliorino.
Non sono molto interessato al pensiero degli altri rispetto alle mie azioni, sono, invece, molto interessato alle azioni degli altri nei confronti di terzi.
Io ritengo che, dato che ci viviamo in mezzo agli altri, sia controproducente ignorarli e non importa quanto buzzurri, ignoranti, criminali o stronzi siano.
Il controllo sociale può essere una cosa devastante, l'indifferenza verso la propria stessa Comunità va allo stesso passo.
Ignorare il Prossimo non fa bene a noi stessi per motivi squisitamente materiali.
Le persone ignorate, derise, disprezzate, magari perchè si vedono Sanremo, votano Berlusalvini (o il Sottosegretario Faraone), condividono su Facebook le meglio bufale e non leggono nemmeno la data di scadenza del cibo, tendono a capirlo, a sentirlo dentro e a non fare la raccolta differenziata, a non seguire il codice della strada e a spostare il proprio voto verso gente ancora peggiore.
Non è che in passato le cose andassero poi tanto meglio quando si doveva andare tutti in Chiesa, alla Festa dell'Unità o equivalente.
Solo che, quando le Comunità erano più forti, sono stati fatti maggiori progressi sociali ed economici.
Nonostante oppressione sociale eccetera eccetera
Non pensate che lo stato attuale di Crisi generale non possa anche essere ricondotto a questo nuovo modo di vivere da monade in cui nulla è sacro, stabile, vincolato ma tutto può essere cambiato precarizzando tutto eccetto la connessione ai social network?
In cui non esiste nulla, proprio nulla per cui, oltre i limiti fisiologici delle minoranze rumorose, valga la pena di combattere?
Io passo già per visionario che travia la gioventù, quindi ho ben poco da perdere se esprimo il parere che c'è un legame strettissimo tra il crollo dei matrimoni (religiosi o civili che siano e speriamo che quelli omosessuali alzino la media) e il tranquillo macello della Scuola Pubblica o i salari in voucher.
La casistica è ampia e non mi sforzerò nemmeno di riassumerla e se volete posso includerci su due piedi anche il caso burkini in cui qualcosa di sacrosanto come il diritto della singola donna è oggettivamente adoperato in maniera ostile (ma sempre legittimo) verso la Collettività ospitante.
L'Io trionfa su tutto.
Inclusa la propria sopravvivenza.
Io non ho soluzioni di ampio respiro, sia chiaro.
Agisco nel mio piccolo e non ho gli strumenti sufficienti nemmeno per inquadrare decorosamente il problema, infatti credo che la media di comprensione delle mie parole scenderà, per questo post, al di sotto del canonico 5%.
Giusto come esempio banale, certi gesti e certe tappe della vita, ritengo che debbano essere formalizzate di fronte agli altri.
Perché esistono.
Non è obbligatorio sposarsi in Chiesa, non è obbligatorio sposarsi affatto, ma una Comunità la cui trama è intessuta di legami privati e volatili potrà mai essere più efficiente di una basata su gesti pubblici e stabili?
Io non credo.
Io faccio le cose per Voi perchè voglio che ci sia un NOI.
Ci tengo a rassicurarvi: non c'è niente di altruistico in questo mio pensiero, anzi, sono profondamente egoista.
Io sono un altro per un altro.
Ma ci tengo ad essere parte un Noi.
Non noi due: noi tutti.

8 settembre 2016

Star Trek 50: anni all'avanguardia, per arrivare là ...

... Dove nessun uomo è mai giunto prima.
Oggi, Star Trek compie 50 anni dalla messa in onda della prima puntata.
Adoro da sempre Star Trek perché sempre mi ha portato dove nessun uomo è mai giunto prima.
E non mi riferisco a Stelle e Pianeti lontani.
Star Trek, sin dall'infanzia, mi ha portato in un Universo in cui non esiste il denaro, non esistono discriminazioni razziali, sessuali e di genere.
Un mondo in cui non si deve uccidere per nutrirsi, nemmeno le piante.
Un mondo assolutamente non utopico in cui il male e l'umanità convivono come ai tempi di Caino ed Abele.
Ma in cui la stupidità, l'egoismo, l'avidità e la sopraffazione sono stati parecchio limitati.
L'uomo non è mai stato dove non si uccidono gli animali per avere una bistecca, non è mai stato dove sesso e colore della pelle non sono attributi significativi dell'individuo.
Gli italiani, poi, di sicuro, non sono mai stati dove non esiste la povertà e la malattia non è una condanna sociale, dove la disoccupazione non esiste e, in più, il lavoro non serve per mantenersi a stento ma per progredire, dove l'ignoranza è il più grave peccato e dove l'odio è un crimine (che non si sconta in carcere, tra l'altro).
Noi, semplicemente, non siamo mai stati dove Autorità e Responsabilità sono perfettamente bilanciati.
Per non parlare delle facili battute su un posto dove ingegneri programmatori scienziati e medici contano più degli avvocati...
Adoro Star Trek, in due parole, perchè è il luogo della mente in cui le nostre debolezze umane ci sono tutte ma nessuno è lasciato solo a fronteggiarle.





30 agosto 2016

riparando bici

Una Sedici a tre marce, una Venti da Cross sempre a tre marce, poi la bianchi 28 di mio Padre.
Ecco la mia carriera ciclistica, per tacere di triciclo ed inevitabile minibici con le rotelle di cui ho perso la memoria.
Ma l'istante in cui ho pedalato senza rotelle lo ricordo bene: il mio vicino di casa più grande che mi reggeva da dietro e mi diceva: "Angelo pedala che tanto ti tengo, ti tengo, ti tengo" e invece stavo andando da solo..."
Bei tempi, quando "Stai Sereno" non era un preavviso di accoltellamento alla schiena.
Ma a sedici anni mi hanno regalato un motorino ed ho smesso di andare in bicicletta.
Matera non è una città facilmente ciclabile anche nella sua parte moderna perchè i tratti pianeggianti sono rarissimi: è tutto un saliscendi.
E, secondo me, a differenza di Bologna, il bike to work è fattibile solo con la pedalata assistita (o se fai l'istruttore in palestra o equivalente).
Tuttavia, mi si stringeva il cuore, ora che sono un ciclista felice, a guardare il rottame che era diventato la mia bici dell'epoca.
Dopotutto, è pur sempre una Bianchi Spluga 5V.
Complice una settimana di ferie, mi sono sentito in crisi d'astinenza da bicicletta e mi sono detto: perchè non tentare un recupero del vecchi ferro?
Mi hanno spiegato che rimettere in pista una vecchia bianchi di più di 25 anni non è riparazione, ma restauro.
Dato che il lavoro non è sicuramente stato effettuato a regola d'arte credo di poter insistere sul concetto di riparazione.
La bici era davvero in pessime condizioni: impolverata, copertoni e camere d'aria polverizzate, freni Caliper con tacchetti vulcanizzati, cambio con filo spezzato. 
Cavalletto spezzato, catena ormai diventata un blocco unico e contatti dinamo  ossidati.
Mi sono informato via facebook su dove poter reperire i ricambi ed un minimo di attrezzatura.
Sono riuscito a rifornirmi di tutto l'occorrente da Bici Sport dove il Sig. Caldone mi ha ottimamente assistito nella scelta di componenti ed attrezzi.
Così, con una busta piena di copertoni, camere d'aria, pompa, tacchetti dei freni eccetera mi sono rifugiato in giardino e mi sono messo all'opera.
Una spolverata con una scopa in saggina, una lavata con la pompa e poi sotto a smontare le ruote.
Quella anteriore fissata con dadi da 13, quella posteriore con dadi da 14.
Il cambio di camere d'aria e pneumatici non è stato difficile, francamente neppure cavalletto e luci.
Le vere difficoltà ci sono state nel cambiare la catena (ho dovuto imparare ad usare lo smagliacatena) e sistemare il cambio.
Già, perchè da furbo, mentre sfilavo via il cavo spezzato, non ho fatto delle foto al comando e quando ho svitato il pomello è saltato tutto via ed ho dovuto ricostruire la sequenza di viti e rondelle per tentativi.
Tutto sommato un pomeriggio e mezza mattinata sono stati sufficienti a restituirmi un mezzo funzionante.
Ho verificato il funzionamento delle luci via dinamo e, per sicurezza, aggiunto una coppia di intermittenze bianche e rosse a led. Per completare la messa a norma ho aggiunto i 4 catarifrangenti laterali.
Il Campanello ha sempre funzionato.
In questi giorni ho percorso una ventina di Km sulle strade urbane della Capitale Europea della Cultura 2019.
Qualche scricchiolio di troppo, certo.
Vanno cambiati anche i cavi dei freni (ma devo capire come smontare le leve, mi sembrano sigillate).
Il cambio va ma non è tarato alla perfezione (ma la catena non mi è mai caduta).
La ruota anteriore deve avere il cerchione non proprio in gran forma dato che oscilla visibilmente (ma è ben salda) e non ho la competenza per sistemare questo difetto.
Inoltre, la bici dovrebbe essere pulita con cura e si dovrebbe fare qualche intervento sulle poche parti sverniciate e arrugginite
Tra parentesi: il movimento centrale della vecchia bianchi non batte ciglio mentre quello della mia turbinosa Mk2 fa clang dopo poco più di 2 anni di uso quotidiano.
Comodissimo il sellino ammortizzato, il telaio è un po' piccolo per la mia statura ma niente di grave.
Insomma, è stato molto divertente dilettarsi con la ciclomeccanica.
Ancor di più riscoprire il silenzio e vecchie e nuove visuali nel girare per Matera.
Una volta tanto la peculiare abitudine di parte degli automobilisti materani di piazzarsi a centro strada a 15 km/h mi è di vantaggio, dato che una volta individuati i soggetti basta sorpassarli e poi precederli di qualche metro: praticamente un'auto di scorta personale che ti permette di pedalare tranquillamente senza subire troppi sorpassi azzardati.
Lo stato delle strade non è il massimo ma questo vale per tutti.
Certo, in ferie è delizioso fare una bella sudata salendo in Centro da MT nord, se dovessi lavorare percorrendo lo stesso percorso in bici sarebbe indispensabile la pedalata assistita, non c'è dubbio.
Però, tutto sommato, già al terzo giorno, le principali salite non sono più così terribili.
Matera non è Bologna ma la bici può farti anche volare sui Sassi.



PRIMA


DOPO