26 novembre 2014

Vanità

Stasera è della mia vanità che desidero parlare.
Avevo iniziato a digitare di scoutismo, Coccinelle, di una nuova meravigliosa avventura, poi anche di systemd, dell'ultimo brutto romanzo di Stephen King e della discreta avventura dell'avvocato Guerrieri.
Ma, rileggendo, mi sono sembrate parole di spocchiosa vanità.
Nel dubbio, meglio tacere.
Voglio essere ragionevolmente certo che non scriverò il prossimo post per vanità.
Sono quelli in cui scrivo peggio del solito.

20 novembre 2014

e la legge mise fuorilegge i nostri cuori d'amianto

Altri scriveranno meglio, esaustivamente, lucidamente.
Io stamattina non voglio abbandonarmi alla rabbia nè dar spazio a troppe parole.
L'apparato giudiziario italiano ha preso migliaia di cittadini vittime ed alcuni cittadini, italiani e non, teletrasportandoli nelle tenebre di un'altra epoca, quella dei feudatari e dei servi della gleba.
Non stiamo parlando del singolo caso di malagiustizia, di un singolo caso Cucchi, del dolore di una singola famiglia o dell'ingiustizia fisica subita da centinaia di persone come al G8 di Genova.
Parliamo di migliaia di morti, vittime, parenti, non del solo passato, ma anche nel presente e, purtroppo, nel futuro.
E' atrocemente certo che ci sono persone che mai lavorarono in quelle fabbriche e che oggi sono sane e che si ammaleranno nei prossimi anni.
E, per loro, vittime di un reato che ancora deve essere consumato, prescrizione anticipata.
La Potenza della ricchezza, la pochezza del potere giudiziario dello Stato Italiano hanno spostato fuori da Legge e Giustizia una intera Città.
Le hanno poste nell'epoca di Caino ed Abele con tutte le conseguenze del caso.
E la cosa che mi disturba di più è che tutte le conseguenze del caso non mi disturbano più.

18 novembre 2014

Io e la Turbinosa: andare in bici al lavoro (a Bologna)



Crisi economica, pigrizia, pancetta.

Il triangolo della bicicletta.
No, non sono così alle pezze da non potermi permettere di andare in auto al lavoro.
No, non sono così sciatto da non aver voglia di fare movimento.
No, il mio girovita non ha superato la mia altezza.
Eppure, risparmiare sui costi automobilistici non mi fa certo schifo.
Eppure, costruirmi un perfetto alibi diurno per non andare in palestra la sera non è certo secondario.
Eppure, scendere di una taglia non sarebbe male, (conservo i pantaloni e magno business as usual).
Così, alla fine della scorsa primavera, ho deciso che non sarebbe stato male andare in ufficio in bicicletta.
Parliamo di un tragitto pianeggiante di 2.5 Km, certo, non di tranquilla pista ciclabile, ma nemmeno di tangenziale!
Sono andato da Decathlon e ho acquistato una bicicletta ‘da donna’ modello base (Weg Olanda 28) spendendo poco meno di centocinquanta euro accessori (cestino, catenine antifurto e specchietto retrovisore) inclusi.
Che poi, la bici da donna è comodissima pure per gli uomini eh, anzi, la trovo molto più comoda di quelle maschili quando si tratta di scendere e salira dalla sella.
Dalla prima metà di giugno in poi, quindi, sono andato in ufficio in bici.
Iniziamo subito col dichiarare lo svantaggio di andare in bici in ufficio a Bologna: non è logisitcamente facile quando piove. 
Se piove è una bella rottura di scatole, anche perchè una cosa è tornare dall’ufficio sotto un acquazzone estivo con l’acqua che raggiunge il livello dei pedali (mi è successo) perchè arrivi a casa ti togli i vestiti bagnati ed amen ed un’altra è andarci in ufficio sotto un gelido acquazzone autunnale col rischio di tenerti i calzini bagnati addosso per quasi 10 ore.
Andiamo con ordine.
In auto, per percorrere i 2,5 km ci metto circa 6 minuti all’andata e circa 10 12 al ritorno.
In bici il valore è meno variabile e si aggira sui dieci minuti. In pratica stiamo sui 20 minuti di bicicletta al di’ vs quarto d’ora abbondante (e c'è pure da considerare il parcheggio sotto casa) di auto. Da un punto di vista del tempo impiegato,  la differenza è trascurabile.
20 minuti di bicicletta non sono certo 2 ore di sollevamento pesi, ma la differenza sul fisico tra giugno e novembre è piuttosto evidente tanto che nessuno ha sentito il bisogno di raccomandarmi di andare in palestra.
Poi, parliamo un po’ di ambiente. La mia auto consuma ed inquina (ed è una Euro5). 
Ipotizziamo 110 g di CO2 per km percorso e 23km/l di gasolio (ed io sospetto di più perchè i valori ufficiali rilasciati dalle case automobilistiche seppur supposti veri si riferiscono a condizioni ideali (90km/h costanti su strada piatta e dritta). Aggiungiamo un costo chilometrico ACI di 0,5 €/km ai nostri calcoli
Stimando di aver percorso in bici circa 250 Km parliamo, quindi di aver non solo praticamente ripagato in meno di 6 mesi il costo di acquisto della bicicletta, ma di aver immesso in atmosfera 27,5 KG di CO2 in meno (per non parlare delle altre schifezze) che se fossi andato in macchina...
Parliamo, quindi, di risparmiare un paio di euro al giorno di costi auto (di cui una componente è data da almeno 0,25l di gasolio), mantenersi in forma, beh, diciamo in formina, inquinare molto meno e… rilassarsi.
La bicicletta mi consente un passaggio ‘dolce’ dall’ambiente casa a quello lavoro e viceversa. Mi aiuta a prepararmi alla giornata e mi aiuta a lasciare in ufficio i suoi problemi, rilassandomi e spostando dal cervello alle gambe le preoccupazioni della giornata trasformandole in pedalate.
E scusate se è poco.
Certo, non è tutto rose e fiori.
Pioggia buio e automobilisti sono in agguato.
Ci si deve difendere.
Ed è possibile, infatti, difendersi.
Prima di tutto non esiste buono o cattivo tempo, ma buono o cattivo equipaggiamento.
Tradotto in fatti ho acquistato un paio di pantaloni antipioggia con sovrascarpe ( di quelli facilissimi da indossare sopra i vestiti), un impermeabile da bici (giallo riflettente) ed un po’ di lucette accessorie intermittenti a batteria (una bianca davanti, due rosse dietro di cui una montata in alto sullo zaino). Così mi sento abbastanza sicuro e riparato dalla pioggia anche intensa.
Va da se che, quando nevicherà, al lavoro ci andrò a piedi impiegandoci una mezz’ora.
La bicicletta è uno strumento di mobilità per me adattissimo al tragitto casa - lavoro.
Potendo lasciare la bici tra Cantina e Ufficio, io sono fortunato, ma, purtroppo la bicicletta, almeno a Bologna, non è lo strumento di mobilità definitivo che potrebbe essere.
L’ostacolo?
I furti.
Se, come me, non avete la possibilità di parcheggiare la bici in luoghi sicuri c’è ben poco da fare, la vostra bici resterà a rischio.
Ecco perchè se devo andare in centro ci devo andare in autobus.
La mia bici, per quanto di valore modesto (costa praticamente quanto quelle usate del mercato ufficiale) è nuova e fin troppo appetibile ai ladri. Dovrei smontare le lucette aggiuntive, portapacchi e specchietto retrovisore e ricoprirla di catene per avere ragionevoli possibilità di ritrovarla all’uscita dalla Feltrinelli o da un Cinema.
Bologna ha una rete di piste ciclabili abbastanza estesa ma non è che sia poi così bike friendly come Città (alcune piste ciclabili sembrano portare la stessa firma di quelle di Materatown), questo è vero, ma il problema principale resta quello dei furti.
Se vuoi farti una passeggiata domenicale è ok a patto di non abbandonare incustodito il velocipede.
Guardate, è davvero seccante. 
Mi hanno suggerito di andare in giro con biciclette vecchie e scassate.
Chi ruba una bici lo fa con piccolissimo profitto per se e grande danno per il derubato.
Comprare bici al mercato nero, quelle a 20 30 € è un gesto molto italico, come comprare la droga dalla mafia e poi andare ad una manifestazione in memoria di Falcone e Borsellino oppure usare il petrolio per opporsi alle estrazioni petrolifere.
Grazie, ne ho piene le tasche di questo modo di pensare.
Le biciclette usate ‘ufficiali’ costano non meno di 60 80 € e sono spesso dei rottami da rimettere a posto. 
E la bici deve avere gomme, luci e freni in ordine e se li hai diventi appetibile per i ladri.
Il cane che si morde la coda.
Purtroppo, la situazione è piuttosto grave, del resto Bologna è nellla Top Five del crimine per quanto riguarda il numero di denuncie (Matera è la penultima, almeno per ora).
Morale della favola: la bicicletta non è qualcosa che può sostituire l’automobile (non ci puoi certo andare all’Ikea o anche alla spesa settimanale) o l’autobus per farsi un giro in centro (anche se potrebbe).
Per ora pedalo, registro i freni, gonfio le gomme, tengo la bici in ordine e vedo l’indicatore del serbatoio del gasolio piacevolmente fermo.
Prima o poi passerò ad una bicicletta un po’ meno rustica, magari col cambio, ma per ora la mia turbinosa (l'immagine del post è quella della mia bici presa dal sito di Decathlon) mi porta piacevolmente oltre il vento.






7 novembre 2014

We just don't care

Matera è diventata Capitale Europea della Cultura e sento che la cosa mi è praticamente indifferente.
Potete anche risparmiarvi il seguito perchè il succo di questo post è questo.
Se proprio ci tenete, proseguite pure nella lettura.
Io ci ho provato, dopo la Laurea (in Ingegneria al Politecnico di Torino) a vivere a Matera.
Per quasi 10 anni.
Dalla fine del 2012, però, non per mia scelta, lavoro e vivo in un’altra città, un’altra capitale europea della cultura di qualche anno fa.
Ho sostenuto la Candidatura durante la campagna elettorale delle elezioni locali del 2010.
Ho dato il mio contributo nella successiva militanza politica.
Ho pure partecipato alle iniziative legate ad OpenStreetmap.
Ho seguito e partecipato a polemiche, dibattiti, riunioni, iniziative e affini.
Devo confessarmi di non aver mai provato, in vita mia, una serie di sentimenti così contrastanti nei giorni precedenti alla proclamazione della città vincitrice.
Trepidazione, ansia, attesa, speranza, rabbia, indignazione, allegria, malinconia, nostalgia, invidia, tristezza, gioia, sollievo, indifferenza.
Mettete voi in ordine a seconda dei vostri gusti.
Poi, l’evento è passato.
Ed io non sono riuscito a decifrarmi.
A decifrare, ricostruire, inquadrare quello che la festa dell’Ottobre scorso significa e significherà per me e la mia famiglia da oggi in poi.
Ho aspettato che le emozioni decantassero e ho ascoltato me stesso.
Per settimane, quasi un mese.
A risultato raggiunto e bocce ferme la parola d’ordine è inclusione, partecipazione, anzi, vittoria della partecipazione popolare, nessuno si senta escluso, dobbiamo tutti lavorare per Matera2019.
Ecco, io vorrei tanto capire come fare a non sentirmi escluso.
Da dove cominciare.
Come includermi.
E, soprattutto: perchè includermi?
Sul mio bigliettino da visita c’è scritto (al momento) System Manager.
Quanti nuovi System Manager (o progettisti di sistemi fotovoltaici, o spcialisti in sistemi biomedicali o in migrazione al Software Libero) saranno necessari stabilmente a Matera grazie a questa Vittoria?
Non ho dubbi sul fatto che un certo numero di materani otterrà vantaggi duraturi e che un certo numero di giovani e non potrà evitare di seguire il mio cammino.
Questo dovrebbe costringermi a gioire?
E dovrei sentirmi meschino e colpevole se, invece, non provo nessuna gioia a riguardo?
La realtà è che per me e per i gravi problemi che il vivere lontano da Casa comporta, la vittoria di Matera non cambia praticamente niente.
Che ben poco posso fare per contribuire affinchè ci sia spazio ed attenzione anche al di fuori della filiera del turismo.
Che quasi nulla posso fare, in generale, da così lontano.
E che, purtroppo, questo mio sentimento singolare è, quasi certamente, fin troppo plurale per troppi miei simili sparsi per il Mondo.
E alla fine ci sono arrivato, nella lunga sequenza di sentimenti di qualche riga fa, a sedimentarmi su uno in particolare.
Matera2019 forse non ha bisogno di me.
Forse, Matera2019 non vuole quelli come me.
Ma, opo aver ondeggiato paurosamente sull'orlo del baratro della rabbia ed essere, poi, scivolato indietro, per lunghi giorni di travaglio, mi sono ritrovato, oggi, seduto nella prateria dell'indifferenza.
Indifferenza verso l'evento.
Perchè, purtroppo, Matera ha ancora bisogno di me e mi chiama ancora.