23 luglio 2011

Genova 2001, la chiave del futuro d'Italia

Ho già scritto, in passato, dei fatti di Genova.
Non è la prima volta, non sarà l’ultima.
Purtroppo.
Non so se sia più grave, insopportabile e devastante un uomo adulto fisicamente prestante con addosso la divisa di un corpo dello stato che massacra di botte a manganellate una ragazzina inerme di vent’anni ( innocente sia a priori che posteriori ) o uno Stato che ne copre le atrocità.
La rabbia e la nausea di dieci anni fa mi rincorrono ad ogni anniversario e commemorazione.
L’ansia ti sorpassa ad ogni posto di blocco.
Come fai a non essere sicuro che qualcuno lì non sia stato alla Diaz o a Bolzaneto e gli venga in mente di ripetere il giochetto?
Non puoi.
Non puoi perchè nessuno di quelli che hanno fatto irruzione alla Diaz e proseguito nel macellare innocenti inermi a Bolzaneto è stato sbattuto fuori dal Servizio dello Stato.
Ergo, in poche parole, lo Stato, la Repubblica Italiana, dico, è attualmente ancora complice di quelle atrocità.
Terrore.
Orrore.
Denti Rotti.
Ossa spezzate.
Coma.
I debilitanti effetti di gas tossici che, se usati da un dittatorello ostile, avrebbero provocato una grandinata di bombe a guida laser.
Ansia e angoscia per dieci anni per centinaia di persone.
Come può, la Repubblica, quantificare il dolore, l’umiliazione, i traumi fisici e psicologici di centinaia di persone seviziate, umiliate e ferite dai propri corpi di sicurezza?
La prova generale del Golpe antidemocratico si schiantò sulle ossa e sui denti di ragazzi innocenti. Coi black block lasciati liberi di devastare Genova e le manganellate sui boyscout e nonviolenti: delle due l’una: o tutte le forze di sicurezza erano costituite esclusivamente da vigliacchi incapaci di affrontare i cattivi e assai volenterose nel massacrare gli inermi o è provata l’esistenza di una Regia il cui scopo divergeva completamente dal matenimento della sicurezza pubblica.
Ma, dopo il massacro, è seguito solo il silenzio.
Perchè i processi hanno sicuramente significato qualcosa, ma la ferita è aperta.
In suppurazione.
E, purtroppo, queste cose sono note.
Dette e ridette, scritte e riscritte in libri, articoli, documentari, canzoni.
Le evito tutte.
Mi suscitano un sentimento misto di rabbia e nausea. Con una punta di disperazione.
Ma, poi, bisogna anche pensare a come uscirne.
Se questo Paese deve salvarsi non può prescindere da ricucire questa piaga.
Io credo che dare una risposta alle domande scritte col sangue nel luglio del 2001 non sia solo una questione di giustizia ( con la minuscola ).
Certo, la giustizia è fondamentale per il ripristino della convivenza civile.
Ma, ancor di più, lo è la Verità.
I membri delle forze di sicurezza devono dirla.
Lo Stato deve dirla.
Alle vittime deve esser chiesto scusa.
Le vittime devono essere risarcite.
Non credo sia necessario, nel senso letterale del termine, mettere in carcere chi ha falsificato le prove ( atroce l’episodio delle false molotov ) e neppure chi ha torturato e macellato innocenti.
Non servirebbe alla riconciliazione nazionale, disperatamente necessaria dopo vent’anni di stupri della cosienza collettiva.
Ma è necessario che i membri delle forze dell’ordine ed i responsabili politici debbano andarsene.
A casa.
Minacciare di infilare un manganello nella vagina di una manifestante poco più che maggiorenne ed incolpevole di qualsivoglia reato è incompatibile irrevocabilmente con la permanenza al servizio dello Stato.
Almeno di uno Stato sedicente democratico.
Per quel che vale, il Partito Democratico che vorrei questo direbbe: Verità e giustizia per Genova sono le fondamenta per la rinascita dell’Italia.
Centinaia di migliaia di onesti servitori dello Stato, che tacciono perchè sono consapevoli dell’inutilità di certe parole, attendono di vedere costoro espulsi con la stessa ansia delle vittime.
E degli altri milioni di cittadini Onesti.
Verità e Giustizia per Genova.
Prima sarà, prima tornerà la luce su questa povera Italia.

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