14 marzo 2024

Gloster Gladiator

 Ecco un biplano di successo.

Il Gloster Gladiator fu l'ultimo e più moderno biplano usato dalla RAF.

Fu prodotto alla fine degli anni '30 con le ultime consegne effettuate agli albori della Seconda Guerra Mondiale.

Venne ritirato dal servizio attivo come caccia appena disponibili i monoplani Hurricane prima e Spitfire poi.

Al contrario del suo diretto competitor, il CR-42 Falco, era dotato di abitacolo chiuso e di radio.

Inoltre, va ricordato che il Falco iniziò ad essere prodotto nel  parallelamente ad altri caccia monoplani italiani nel 1939, proprio quando le fabbriche di Gladiator chiudevano i battenti.

Il Gladiator era superiore al CR-42 per armamento (4 mitragliatrici leggere contro 2 pesanti) ma soprattutto per la presenza della radio che permetteva attacchi coordinati.

In altre parole, nel duello singolo Gladiator vs CR-42, i due aerei si equivalevano.

Ma, nel combattimento tra formazioni di caccia, i Gladiator avevano il vantaggio del coordinamento via radio.

Alla fine, secondo recenti ricerche, il rateo di abbattimenti fu di 1:1,2 a favore del Gladiator.

Non si ripeterà mai abbastanza che le 'limitazioni' del CR-42 erano dovute alla corruzione del regime fascista e alla sua natura intrinseca piuttosto che a deficienze tecnologiche dell'Italia.

Il Gladiator (in basso) e il Falco (in alto)
















10 marzo 2024

Boulton Paul Defiant: ci vuole coraggio

 



Beh, se seguite questo blog magari un minimo ne capite: senza andare oltre nella lettura e ovviamente senza cercare sul web che tipo di aereo pensate che sia questo?

Biposto, monomotore, con torretta posteriore dotata di quattro mitragliatrici.

E' un ricognitore?

E' un assaltatore come lo Stuka?

E' un bombardiere leggero?

O magari è un aerosilurante?

Pensateci mentre guardate le foto di questo kit Airfix 1:72.















Il Boulton Paul Defiant era un intercettore inglese usato durante i primi mesi della Seconda Guerra Mondiale.

Già.

Un caccia puro.

Con tutte le armi concentrate nella torretta.

Il pilota non aveva a disposizione nemmeno una pistola, tutta la potenza di fuoco era nelle mani del mitragliere di poppa.

Diciamo che committente e progettisti avevano immaginato che le battaglie nei cieli fossero simili a quelle tra navi di linea dei tempi di Nelson (o degli immaginari Hornblower e Aubery).

Il Defiant è una dimostrazione di quanto possa essere terribile una buona idea se slegata dal contesto.

Come intercettore di bombardieri l'aereo rispettò pienamente le aspettative teoriche.

Ma come intercettore di bombardieri in un contesto reale fu un completo fallimento perché inadatto a combattere in un ambiente dominato dai caccia monoposto.

Insomma, il Defiant è la dimostrazione fatta aereo di quello che succede quando si tenta di mettere in pratica la frase "Basterebbe Che".

Non basta mai.



Diario di Berlino

 <<Com'è andata giù Parigi negli ultimi dieci anni! Ci sono francesi che indicano le insegne al neon, le lussuose sale cinematografiche, le vetrine dei commercianti di automobili, i volgari bar ora così diffusi sugli Champs-Elysées, una volta tanto belli e dicono: "Ecco che cosa ci ha fatto l'America". Può darsi che sia così, ma io penso che sia l'espressione di ciò che la Francia ha fatto a se stessa. La Francia ha perso qualcosa che aveva quando arrivai qui quattordici anni fa: il suo buon gusto, una parte della sua anima, la coscienza della propria missione storica. La corruzione si annida ovunque, l'egoismo di classe si trova dappertutto e la confusione politica è completa. I miei amici, persone perbene, hanno rinunziato alla lotta Dicono: "Non mi interessa". Ciò conduce ad una specie di menefreghismo disfattista, anarcoide, propagandato da...>>

Quando sono state scritte queste parole?

Ma prima di chiederci la data, chiediamoci se non potrebbero essere perfettamente adeguate a descrivere Roma, Milano, Matera o Bologna.

Date le evidenze, forse si farebbe prima a chiedersi in qual minima misura potrebbero non applicarsi all'Italia edonista, antioccidentale, antiscientifica e succube delle autocrazie del 2024.

Ma arriviamoci: da chi e quando sono state scritte queste parole e in quali circostanze?

Beh, sono state scritte da William Shirer, un giornalista e storico americano.

Quando? 

Una settimana prima della resa di una repubblica libera all'aggressione fascista: il 22 Marzo del 1938.

Una settimana prima che la guerra civile spagnola fosse vinta dai fascisti.

Pochi mesi prima che Chamberlain regalasse l'Europa ad Hitler lavandosene le mani, peggio di Pilato, a Monaco.

Un anno e rotti prima che Hitler, forte della debolezza dei francesi di cui sopra, scatenasse la più grande catastrofe della storia dell'umanità.

Shirer, già nel 1938, denunciava la catastrofe a cui avrebbe portato l'appeasement verso le dittature.

E fu profeta.

L'altro aspetto interessante del diario è l'amarezza di Shirer, tornato a Berlino dopo la guerra, nel constatare quanti pochi tedeschi fossero consapevoli della loro responsabilità nell'accaduto e quanti di loro, troppi, fossero semplicemente dispiaciuti di averla persa, la guerra.

Il Diario di Berlino racconta l'orrore di un uomo che vede un intero popolo assoggettarsi volenterosamente alla barbarie nazista.

E l'ignavia degli altri popoli che questa barbarie hanno reso possibile.

Il Diario di Berlino di William Shirer è un classico: parla esattamente del tempo presente.

E di quelli terribili che i pacifinti stanno fabbricando.







6 marzo 2024

Caro Diario: meglio un ciclista selvaggio oggi che un automobilista assassino domani

Caro diario,

poco fa, mentre buttavo il rusco, sono stato investito da un ragazzo in bicicletta.

Casa mia è su una strada a senso unico con parcheggio a spina di pesce su entrambi i lati.

Per abitudine guardo sempre anche dall'altro lato anche se è senso unico.

Anche questa volta.

Solo che, dall'altro lato (quello giusto) arrivava l'autobus e so per esperienza che se passa l'autobus non c'è spazio davanti ai cassonetti.

Quindi, ho aspettato anche se ci sarebbe stato abbastanza tempo per attraversare in sicurezza: preferisco che l'autobus si tolga di mezzo.

E sono stato falciato da un ciclista contromano.

Siamo finiti tutti e tre a terra: io, lui e la bici.

E anche il rusco, ovviamente.

Lo shock è stato spiacevole ma ancor più spiacevole è stato leggere il terrore nell'investitore.

Terrore, per sua e per mia fortuna, ingiustificato.

Non ci siamo fatti niente.

Io nemmeno mi sono sporcato sul serio la giacca.

Insomma, due secondi di spavento, tre di rabbia e due minuti di...

Boh, di cosa?

Non stavo attraversando, ero fermo sul ciglio della strada tra due auto parcheggiate a spina di pesce in corrispondenza del paraurti posteriore, quindi fuori traiettoria dell'autobus e controluce rispetto ai fari dell'autobus.

L'investitore in bici, ovviamente, non aveva luci, altrimenti l'avrei visto io arrivare da lontano.

Ora, non voglio giustificare l'investitore ma, dato che quel tratto di strada è percorso regolarmente contromano da monopattini elettrici (truccati) e ciclomotori e anche da qualche occasionale automobile,  constatare che mi è andata stra bene: nessun danno e una nuova carica di energia alla batteria del mio sesto senso che oggi ha latitato: non credo che dopo aver guardato anche dal lato sbagliato di un senso unico prima di attraversare lascerò di nuovo passare sette secondi standomene sul ciglio della strada.

Questa persona ha scelto, nella sua irresponsabilità, di adoperare un mezzo che mi ha consentito di tornare dalla mia famiglia come se nulla fosse.

Avesse scelto un veicolo a motore io ora sarei in ospedale o peggio.

Ecco, me ne sono reso conto subito, quindi dicevo: due minuti di incontro.

Per (sua?) fortuna, neppure lui si è fatto male e lo scontro si è risolto in un incontro amichevole.

Il mio solo dubbio è: ho agito bene?

Davvero investire un pedone andando contromano senza luci di notte è una faccenda che si può concludere con una stretta di mano e basta?

Ho sentito dentro di me di sì, proprio perché nell'incoscienza del comportamento, c'è stata, da parte sua, una misura di sicurezza di fondo: usare la bici e non un mezzo più pericoloso.

E, poi, per fortuna non è capitato a me di uscire dal parcheggio a spina di pesce ed essere preso in pieno da un ciclista che arriva contromano: in queste circostanze non c'è prudenza ed attenzione che tengano: non si può guardare dietro e avanti contemporaneamente.

Ma, come automobilista, sarei stato coinvolto in un incidente potenzialmente letale e no, non mi va proprio nemmeno per completa imprudenza del ciclista.

In due parole:  la mobilità sostenibile via bicicletta è davvero più sicura.

3 marzo 2024

Bristol Beaufort & Bristol Beaufighter: Padre e Figlio

Oggi parliamo del Bristol Beaufort, un aerosilurante inglese della Seconda Guerra Mondiale, e di suo figlio Bristol Beaufighter, diretto successore nel ruolo di aerosilurante ma anche nei ruoli di caccia pesante e cacciabombardiere. Del nonno, il Bristol Blenheim, ne ho già parlato qui.

Entrambi furono degli ottimi cavalli da tiro per la RAF e dimostrano il corretto modo di gestire la produzione aeronautica, almeno in tempo di guerra.

Da un bombardiere leggero si ricava un aerosilurante, dall'aerosilurante un caccia pesante/cacciabombardiere.

Se il Blenheim poteva volare al massimo a 420 Km/h, il discendente Beaufighter poteva andare a 515 Km/h.

Il Beaufort fece vedere i sorci verdi alle marine dell'asse e il Beaufighter, con la sua grande potenza di fuoco (4 cannoni da 20mm concentrati nel muso) era un cacciabombardiere temibile.

Una nota di colore.

L'aerosilurante italiano standard fu l'SM-79 Sparviero: un bombardiere medio.

In pratica, gli inglesi, che erano ricchi, per sganciare un siluro usavano un aereo bimotore con un equipaggio di 4 persone.

Noi, che eravamo poveri e disperatamente a corto di risorse e materie prime, per trasportare lo stesso carico bellico avevamo bisogno di impiegare 3 motori e 6 persone: i miracoli del fascismo.

Vi lascio un po' di foto. I kit airfix sono stati piuttosto divertenti da assemblare.

Quello del Beaufort è parecchio dettagliato, quello del Beaufighter è più spartano.

Apprezzo i kit Airfix, ma non approvo che l'elenco dei colori sia definito solo secondo lo standard Humbrol e soprattutto solo secondo il loro codice numerico.

PS: il carrello del Beaufort mi era venuto perfetto ma una certa signorina ha deciso di far cadere sopra il modellino un discreto peso e ho dovuto ripararlo alla meglio.


Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufort

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufighter

Bristol Beaufort & Bristol Beaufighter

Bristol Beaufort & Bristol Beaufighter




25 febbraio 2024

Thinking Day 2024: dove c'è un fazzolettone c'è casa

Perché mai dovrebbero esserci un significato ulteriore in una giornata di scautismo?

Una mattina di sole lì dove era prevista pioggia, un percorso pensato con cura da capi di gruppi diversi e poi l'incontro.

L'incontro con uno dei fondamenti dello scautismo: la fratellanza universale. Sconosciuti che si ritrovano in famiglia. Bambini che giocano come se si conoscessero da sempre.

In chiesa eravamo davvero tanti.

E siamo stati accolti davvero con gioia nella Parrocchia di Santa Caterina, qui al Pilastro.



La giornata è volata.

Se dovessi scegliere un ricordo per questo bellissimo Thinking Day sceglierei la foto (che non pubblicherò) in cui una Lupetta del Bologna 10 sostiene una Coccinella del Villanova 1 che si era presa una storta giocando.

Ma andrebbe anche ricordata l'insospettabile competenza dei bambini e delle bambine in tema di ambiente: probabilmente ne sanno più i lupetti e le coccinelle di come migliorare le cose che i loro concittadini adulti anti zone trenta, anti tram, anti bici e anti ogni cosa che voglia porre rimedio alla catastrofe imminente.

Io, di sicuro, ricorderò il dono che mi è arrivato dai lupetti del Bo 10 (sì sono stati asseverati sul fatto che non è il caso):


Se raccogli un fiore non tenerlo per te, prima o poi nelle tue mani appassirà..



24 febbraio 2024

Italiani, brava gente: il mito letale


C'è un film che si intitola "Italiani, brava gente".

Un film di guerra in bianco e nero che parla della storia di un reggimento italiano in Russia durante la Seconda Guerra Mondiale

Lo si trova anche su Prime Video e ogni tanto passa in TV.

Mi piacerebbe parlarne con qualcun altro che l'ha visto.

Sapete perché?

Beh, io trovo che quel vecchio film sia piuttosto significativo di un progetto politico ben preciso.

Dunque, secondo me questo film è la perfetta summa di quello che non va in questo paese dal punto di vista della coscienza storica:

  • i tedeschi sono i cattivi e questo è chiaro;
  • i bolscevichi sono i buoni;
  • gli italiani sono le vittime;
  • gli italiani sono le vittime dei fascisti che sono rappresentati cattivi come i tedeschi ma in più vigliacchi e bugiardi.
Il primo guaio di questo film è che i crimini italiani durante la Seconda Guerra Mondiale sono accuratamente obliterati.
Sai che novità, direte voi.
E no: se ad un raduno fasci che fanno il saluto romano si dice che i fascisti erano brave persone e che gli italiani furono tutti bravi bambini durante la guerra è una cosa.
Se lo dice anche un regista iscritto al Partito Comunista, scusate, è un'altra: è un perfetto cerchio bipartisan che si chiude di fronte ad una precisa scelta di negazione dei crimini di guerra italiani.
Quando, nel 2024 si parla di 'inaccettabile rimozione' di tali crimini forse è il caso di piantarla di puntare il dito verso i pronipoti dei balilla e iniziare a togliersi la trave dagli occhi.
Gli italiani in Russia furono invasori prima che vittime.
Vittime della sciagurata guerra fascista e  dell'assurda impreparazione militare figlia della natura stessa del regime fascista.
Le popolazioni russe/ucraine/bielorusse/baltiche furono vittime due volte: delle atrocità degli invasori (tutti, non solo SS per i tedeschi e camicie nere per gli italiani) e delle atrocità della leadership sovietica: nel film c'è una scena in cui una ragazza russa corre incontro all'Armata Rossa fuggendo dalle zone di occupazione.
Cinematograficamente colma di felicità, gioia, sollievo e speranze.
Nella realtà, sarebbe finita nelle mani dell'NKVD, in quanto sospetta collaborazionista, come tutti i cittadini sovietici delle zone occupate: la ragazza aveva ben poco da ridere.
Il film fu una coproduzione italo-sovietica.
Gradevolissimo, al netto delle involontarie caricature comiche dove avrebbero dovuto essere tragiche.
I popoli sono tutti fratelli ma stiano ben attenti quelli dell'Europa Occidentale a respingere la fraternità amorevole del popolo russo...
Di fatto, è una pellicola di propaganda sovietica che assolve in toto le responsabilità degli italiani nei mostruosi crimini commessi durante il ventennio, gli stessi crimini che sono negati dalle destre più o meno estreme.
I conti tornano, no?
I contedibattistovadiatravaglieccetera vengono da lontano.


Fonti

https://www.mymovies.it/film/1964/italiani-brava-gente/pubblico/?id=1695008

https://www.imdb.com/title/tt0059323/

22 febbraio 2024

Sophie Scholl, la Rosa Bianca

Università Ludwig Maximilian di Monaco, monumento ai fratelli Scholl

Oggi è la giornata del Pensiero, memoria della nascita di Baden Powell (e di sua moglie Olave).

L'umanità è grata, o dovrebbe esserlo, ai fondatori dello scautismo.

Io, di mio, lo sono senz'altro per ragioni che non è il caso di ripetere qui.

Ma oggi è anche un altro anniversario.

Quello del martirio di Sophie Scholl.

E' una figura che brilla sulla mediocrità di questi tempi in cui sfavilla solo la luce sinistra dell'edonismo.

E lo strapotere delle autocrazie fa presa anche sui cuori più benintenzionati.

Sophie "non si è fatta spaventare dall'orrore della morte, è rimasta dritta in piedi con la rosa bianca in mano (Mattia Civico)".

E il sole splende ancora.